ARTEMENTE 2014
Nasce per gioco l’umana unione tra architettura e psicologia.
Un esperimento concettuale.
Questo incontro, inteso come sfida intellettuale, scaturisce da una solida presa di posizione: la presunzione di riuscire a fare qualcosa che accomuni e che possa stimolare interessanti nuove considerazioni.
”Io sono migliore di te” e’ il messaggio narcisistico che il nostro inconscio ogni giorno ci propone per garantirci la nostra sopravvivenza mentale nel mondo.
Provare a scansarlo e approcciare al pensiero che alcune parti MIE possono essere dentro di TE e che alcune parti TUE possono essere anche MIE e’ la fatica piu’ grande che siamo chiamati a fare, se vogliamo, in una società dove l’individuo diventa sempre piu’ singolo e sempre meno comunitario.
Parafrasando in questo senso l’installazione, potremmo valutare di trovarci idealmente nel complesso dell’“archilogia” e della “psichettura”.
Tutto sommato, il connubio tra le arti non ha confini poi cosi’ definiti.
Un’arte come strumento per spiegarne un’altra.
Scoprire nell’uno le giustificazioni dell’altro, siano esse immagini, fotografie o riflessioni.
Dilatare i significati in applicazione a contesti “forse” estranei. Tutto e’ architettura, tutto e’ immagine, tutto e’ psichico, tutto e’ “vero”.
Quanta realta’ si cela nell’inconscio e quanto inconscio troviamo nella realta’?
Provare ad usare una chiave di lettura con codici impropri per trovare delle affinita’, possibili spazi di dialogo comune.
Ecco che le sfumature prendono significato e che appare altro oltre all’immagine: le ritualita’ sono il luogo sicuro dove rifugiarsi, le tradizioni ci permettono di danzare in tempi ed in luoghi diversi del mondo, rassicurandoci sempre di poter tornare da dove siamo partiti, la nostra casa.
Il fascino dell’inconscio ci riporta a figure antropiche dalle forme elementari di base. L’essenzialita’ nel loro utilizzo dettata dalle necessita’ di un territorio, le trasforma in immagini antropologiche riconoscibili e quindi condivisibili collettivamente anche se appartenenti a luoghi, tempi e culture diversi.
Queste emozioni tradotte, interpretate ricorrono nelle immagini mentali e in quelle catturate. Di fatto siamo fatti di esperienze. Ricordare un’emozione, la possibilita’ di rievocarla, la volonta’ di avere e volere ricordi, partono dal nostro profondo. Non vogliamo dimenticare o essere dimenticati, cosi’, creiamo ricordi.
Emozionarsi e’ “vivere”.
Bloccare un’immagine in uno scatto, in una forma, in un tratto, in un graffio. Creare, scarabocchiare, disegnare un paesaggio, colorare un qualcosa, incidere, imprimere, segnare. Tutto cio’ per noi significa generare ricordi: sono il nostro bagaglio che viene tramandato in la’ nel futuro, prima per noi stessi (per il nostro bisogno di essere vivi), e poi chissa’, forse anche per gli altri.
Psicologia nelle immagini di un architetto e architettura nelle foto di uno psicologo e’ essenzialmente un’installazione la cui decifrazione induce interrogativi nella lettura delle immagini prodotte e catturate.
La dote della creativita’ e il coragio di osare permettono oggi all’uomo di proiettare/proiettarsi su qualunque sub-strato e con qualunque mezzo. Le infinite interpretazioni che cio’ produce garantiscono la possibilita’ all’osservatore di riconoscersi o viceversa di estraniarsi da cio’ che l’installazione produce, facendo vibrare antiche corde che altro non sono che l’amore e l’odio, la vita e la morte.
Le immagini e le foto vogliono essere un espediente di riflessioni stimolate dalle brevi traduzioni a lato delle stesse.
La giocosita’ sull’interpretazione bidirezionale di un’espressione artistica immaginata o fotografata scaturisce nelle possibili interazioni, interrogativi profondi fino all’essenzialita’/complessita’ dei piu’ basici quesiti esistenziali:
“Chi sono?”. (Psiche)
“Qual’e’ il mio posto?”. (Architettura)
Luca Gatto
Simone Toniolo