veneziaIl senso dell’architettura via via nel tempo ha perso qualcosa. Qualcosa è andato perduto. Recentemente.

Se i maestri e gli antichi ci hanno insegnato grandi maestosità proiettate al futuro, l’autocelebrazione attuale dell’archistar di turno, lascia le sue perplessità.

L’evidenza della crisi, la consapevolezza degli sprechi economici, ci lasciano architetture pubblicheovvero di utilizzo sociale in “carico ai cittadini”molto dispendiose. I loro costi di manutenzione sono esorbitanti. Costi di raffrescamento, costi di gestione tipo il lavaggio dei vetri, manutenzioni su elementi di poca durabilità impiegati per “effetti” scenici o di semplice ricerca, devono essere superati intellettualmente.

A portata nostra abbiamo tutti gli strumenti per capire quanto consumerà un determinato edificio e cosa “ci” costerà in futuro, ecco la necessità sia nel privato, ma sopratutto nel pubblico, dell’analisi dei costi di gestione.

Le architetture troppo spinte tecnologicamente nella loro pelle esterna, nelle loro esilità, nelle collocazioni errate da un punto di vista tipologico, sono paragonabili ad una ragnatela di ragno in natura: ingegneristicamente perfetta, esteticamente fantastica, ma di poca durata. Il paradosso viene da se’ o si accetta tutto ciò oppure bisogna a priori affrontare delle scelte. Proiettando questo concetto agli edifici pubblici anche se reversibili, riciclabili ecc… non basta!

La scelta da fare allora deve essere la solita analisi dei costi e dei benefici, specialmente nell’ambito pubblico.

La direzione dell’architettura deve rientrare nel principio della sobrietà.

Pensiamo ad una barca da lavoro come quella in foto: realizzata con poco legno, aiuta l’uomo a portare carichi immensi tra i canali di Venezia. Con minime manutenzioni annuali, ha una durabilità proiettata a decenni, restituendo all’uomo quei benefici di cui egli stesso si era privato, tagliando l’albero al fine di avere il legno per costruirla.

 

Gli edifici pubblici infondo sono a servizio degli uomini, ma ci vuole più rispetto.

 

Eh sì!, bisogna ritrovare la bussola.